Ascolta "La bigenitorialità deve restare la scelta prevalente" su Spreaker.
Con la sentenza n. 24876/2025 la Corte di Cassazione definisce ancora una volta i limiti per l’affidamento esclusivo e super esclusivo, ormai divenuto un’eccezione di fronte alla bigenitorialità.
In particolare, con questa pronuncia, gli Ermellini sembrano richiamare all’ordine i vari Tribunali di merito, ribadendo come il Giudice al momento della scelta del miglior affido in ragione del best interest of child debba compiere un’attenta e scrupolosa analisi delle condotte genitoriali, ma soprattutto, verificare che l’affido esclusivo o super esclusivo sia l’unica e miglior scelta per salvaguardare lo stesso da un grave pregiudizio psicofisico.
La vicenda
La vicenda nasce dall’affidamento di una bambina nata da una relazione tra una cittadina italiana e un cittadino americano.
Dopo la separazione, la madre decideva di ritornare in Italia con la minore, troncando di fatto la convivenza familiare e rendendo complicato il mantenimento di un rapporto continuativo tra il padre e la figlia. L’uomo, residente negli Stati Uniti, lamentava una sistematica opposizione da parte della donna a qualsiasi forma di coinvolgimento nella vita della minore, segnalando una condotta ostruzionistica e alienante.
Il Tribunale di Firenze, interpellato sulla vicenda, disponeva l’affido super esclusivo alla madre, estromettendo il padre da ogni decisione rilevante e limitando i suoi contatti con la figlia.
La Corte d’Appello confermava la decisione del Tribunale, mantenendo l’impostazione dell’affido. La Corte d’Appello aveva ritenuto che la madre fosse il genitore più idoneo a rispondere ai bisogni della bambina, escludendo il padre anche dalle decisioni di maggior interesse.
Il padre, per l’effetto, proponeva ricorso per Cassazione, contestando la violazione del principio di bigenitorialità e l’assenza di un adeguato accertamento sulle cause del rifiuto della minore di incontrarlo.
La sentenza
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24876/2025, affronta il tema dell'affidamento dei minori, affermando che lo scarso interesse del padre negli incontri con la figlia non può, di per sé, giustificare l'esclusione della bigenitorialità.
L'eccezione all'affido condiviso, secondo la Suprema Corte, richiede un accertamento rigoroso e oggettivo della contrarietà all'interesse del minore, fondato su prove concrete di comportamenti gravemente pregiudizievoli.
La decisione censura l'automatismo con cui la conflittualità o la carenza di iniziativa paterna sono state assunte a fondamento dell'affido super esclusivo, ribadendo che la bigenitorialità è la regola e la sua deroga, l'eccezione, deve essere motivata.
Quando può essere disposto l’affido super esclusivo?
Solo a fronte di un accertamento rigoroso e probatorio della contrarietà all’interesse del minore; dunque, sono necessarie prove di condotte gravemente pregiudizievoli del genitore escluso, causalmente rilevanti in via esclusiva o prevalente.
Conflittualità e rifiuto non sono di per sé sufficienti: serve un’indagine causale (origine del rifiuto, eventuali condotte ostative dell’altro genitore) e un riscontro probatorio oggettivo.
Il rifiuto va compreso e contestualizzato, non assunto come presupposto automatico.
In capo al giudice vi è anche un obbligo di motivazione molto rigoroso, difatti, lo stesso, deve motivare su:
a) interesse superiore del minore e bigenitorialità (art. 337-ter c.c.);
b) fatti provati e loro nesso causale;
c) inidoneità delle misure meno invasive;
d) proporzionalità/gradualità della misura scelta.
Per approfondire leggi anche:
Il principio di bigenitorialità non è una divisione matematica
Genitore alienante: come tutelarsi?
Diritto alla bigenitorialità: le condotte lesive penalmente rilevanti
Il genitore che si disinteressa del figlio: il danno da privazione genitoriale
Affidamento esclusivo e superesclusivo dei minori: differenze e caratteristiche

