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Diritto alla bigenitorialità: le condotte lesive penalmente rilevanti

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Il diritto del minore di mantenere un rapporto con entrambi i genitori, oltre che previsto dall'ordinamento italiano, è sancito dagli articoli 8 e 9 della Convenzione sui diritti del fanciullo, nonché dall'art. 24 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, ed è stato riconosciuto dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, in sede di interpretazione dell'art. 8 CEDU. 
Pertanto, tutte quelle condotte poste in essere da uno dei genitori tese a ostacolare il rapporto del figlio con l'altro genitore o che pregiudichino tale diritto assumono rilevanza nel nostro ordinamento tali da poter comportare una pronuncia di condanna da parte dall'Autorità Giudiziaria.


L'ostruzionismo da parte di uno dei genitori al diritto alla bigenitorialità

Succede molte volte che il genitore si rifiuti di riportare il figlio al coniuge affidatario oppure il genitore collocatario si interponga nel rapporto genitore-figlio penalizzando gli incontri stabiliti in sede di separazione o divorzio con l'altro genitore.
Tali condotte, allorquando assumano una specifica gravità, possono essere punite ai sensi dell'art. 388 c.p. rubricato "Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice”.

In particolare, tale disposizione è diretta a sanzionare i comportamenti contrari agli interessi relativi all'educazione, alla cura ed alla custodia del minore, punendo con la reclusione fino a tre anni o con la multa da euro 103 a euro 1.032 chi elude un provvedimento del giudice che concerne l’affidamento di minori.

Il reato è perseguibile a querela della persona offesa, la quale in questo caso corrisponde al genitore che subisce la lesione del diritto di frequentare il figlio con le modalità e le tempistiche stabilite dal provvedimento del giudice civile.
La querela va necessariamente presentata entro il termine di tre mesi da quando è stato commesso il fatto o da quando se n’è avuta notizia.

È bene, tuttavia, specificare che assumono rilevanza penale soltanto quelle condotte che costituiscono consapevole elusione del provvedimento del giudice o quei comportamenti che rendono vane le legittime pretese altrui.

Pertanto, non ogni violazione formale delle prescrizioni del Tribunale costituisce un'elusione consapevole; sul punto la Giurisprudenza ha specificato che: "il concetto di elusione non può equipararsi puramente e semplicemente a quello di inadempimento, occorrendo, affinché possa concretarsi il reato, che il genitore affidatario si sottragga, con atti fraudolenti o simulati, all’adempimento del suo obbligo di consentire le visite del genitore non affidatario, ostacolandole, appunto, attraverso comportamenti implicanti un inadempimento in mala fede e non riconducibile ad una mera inosservanza dell’obbligo”. (Cass. pen. n. 12976/2020)
Per prima cosa, deve trattarsi di un vero e proprio atto di rifiuto del genitore, quale chiara manifestazione della volontà di non adeguarsi al provvedimento dell’Autorità giudiziaria; altresì deve trattarsi di una condotta dolosa, ossia consapevole e volontaria, diretta ad impedire il rapporto genitore-figlio a cui hanno diritto sia entrambi i genitori sia la prole stessa.

La sottrazione del minore: i delitti ex artt. 573 c.p. e 574 c.p.

Ulteriore condotta che si pone in chiara violazione del diritto alla bigenitorialità è la sottrazione del minore; nel nostro ordinamento tale comportamento assume rilevanza penale e viene punito dagli artt. 573 e 574 c.p.

L’art. 573 c.p. prevede che “Chiunque sottrae un minore, che abbia compiuto gli anni quattordici, col consenso di esso, al genitore esercente la responsabilità genitoriale o al tutore, ovvero lo ritiene contro la volontà del medesimo genitore o tutore, è punito, a querela di questo, con la reclusione fino a due anni”.
Il bene giuridico tutelato dalla norma de qua è quello della responsabilità genitoriale e, alla luce della lettura della norma chiunque può ricoprire il ruolo di soggettivo agente, non solo i genitori. Il minore deve essere maggiore di anni 14 e deve essere consenziente.
Il soggetto passivo deve essere individuato nei genitori che vengono lesi nella loro responsabilità genitoriale.

La condotta materiale consta nella “sottrazione del minore”, per tale intendendosi una condotta volta a provocare il suo allontanamento giuridicamente rilevante, dalla sfera di direzione o di vigilanza del genitore o del tutore, ovvero il suo trattenimento, al di fuori del luogo ove avrebbe dovuto fare ritorno, e ciò senza il consenso o contro la volontà del genitore o del tutore.
L’elemento soggettivo si configura nel dolo generico, cioè nella volontà di sottrarre o trattenere il minore consenziente e con la consapevolezza di agire senza il consenso dell’altro genitore esercente la responsabilità genitoriale o del tutore.
Il reato è procedibile a querela della persona offesa.

La sottrazione di incapace

L’ 574 c.p., invece, punisce la sottrazione dell'incapace ed, in particolare, prevede che “Chiunque sottrae un minore degli anni quattordici, o un infermo di mente, al genitore esercente la responsabilità genitoriale, al tutore, o al curatore, o a chi ne abbia la vigilanza o la custodia, ovvero lo ritiene contro la volontà dei medesimi, è punito, a querela del genitore esercente la responsabilità genitoriale, del tutore o del curatore, con la reclusione da uno a tre anni. Alla stessa pena soggiace, a querela delle stesse persone, chi sottrae o ritiene un minore che abbia compiuto gli anni quattordici, senza il consenso di esso, per fine diverso da quello di libidine o di matrimonio”.

Il reato di sottrazione di minori è un delitto di carattere plurioffensivo, poiché tutela da un lato la responsabilità genitoriale e dall’altro il diritto del minore degli anni 14 a vivere nel proprio ambiente.
Tale fattispecie di reato punisce diverse ipotesi sottrattive, quella più diffusa è quella della sottrazione del figlio minore di 14 anni per mano dell’altro genitore.
Il delitto de quo può essere integrato anche in caso di allontanamento dalla sfera di direzione, tutela, cura o custodia, senza il consenso del genitore esercente la responsabilità genitoriale.
Nel presente delitto è irrilevante il consenso del minore sottratto, a differenza di quanto previsto dall’art. 573 c.p., trattandosi di soggetto di età inferiore ai 14 anni e, pertanto, ritenuto presuntivamente dalla legge non in grado di prestare adeguatamente il proprio assenso ad un allontanamento dall’altro.
L’elemento soggettivo richiesto dalla norma è il dolo generico, inteso quale volontà di sottrarre o trattenere un minore o un infermo di mente, con la consapevolezza di agire senza il consenso o contro la volontà del genitore esercente la responsabilità genitoriale.
La pena è quella della reclusione da 1 a 3 anni ed il reato è procedibile a querela del genitore cui il bambino è sottratto.

Conseguenze sulla responsabilità genitoriale

Si è molto discusso in Dottrina e in Giurisprudenza sulle possibili conseguenze in capo al genitore, il quale abbia posto in essere una condotta lesiva del diritto alla bigenitorialità; in particolare, si è spesso considerato che necessaria conseguenza di tale condotta non fosse da punire solo in sede penale, ma altresì anche con la decadenza della responsabilità genitoriale in capo al genitore disertore. 

Una recente sentenza di Cassazione, tuttavia, sembra frenare e sul punto specifica come: “la violazione del diritto alla bigenitorialità da parte del genitore che ostacoli i rapporti del figlio con l'altro genitore, e la conseguente necessità di garantire l'attuazione di tale diritto, non impongono necessariamente la pronuncia di decadenza del genitore malevolo dalla responsabilità genitoriale e l'allontanamento del minore dalla sua residenza, quali misure estreme che recidono ineluttabilmente ogni rapporto, giuridico, morale ed affettivo con il figlio, essendo necessaria la verifica, nell'interesse del minore, della possibilità che tale rimedio incontri, nel caso concreto, un limite nell'esigenza di evitare un trauma, anche irreparabile, allo sviluppo fisico-cognitivo del figlio, in conseguenza della improvvisa e radicale esclusione di ogni relazione con il genitore con il quale ha sempre vissuto, coltivando i propri interessi di bambino, e della correlata lacerazione di ogni consuetudine di vita” (Cass. 24 marzo 2022, n. 9691 sul diritto alla bigenitorialità).

Per approfondire leggi anche:

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