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La sottrazione internazionale di minorenne

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Si parla di sottrazione internazionale del minore allorquando un minore stabilmente residente in uno Stato viene illecitamente trattenuto o trasferito in un altro Stato, senza il consenso del soggetto che esercita la responsabilità genitoriale, che comprende il diritto di determinare il luogo di residenza abituale del minore.
Spesso queste condizioni si verificano tra genitori di nazionalità differente; a volte capita che una volta terminata la relazione sentimentale, uno dei due decida di trasferirsi o tornare nello Stato estero di provenienza portando con sè il figlio minorenne.


La convenzione di riferimento in questi casi è la Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minorenni; tale Convenzione si applica nelle relazioni tra gli Stati che l’hanno firmata o vi hanno aderito, sempre che l’adesione sia stata accettata dagli altri Stati. La Convenzione dell’Aja del 1980 è stata ratificata e resa esecutiva in Italia con la legge 15 gennaio 1994 n. 64.
A ciò si è aggiunto successivamente il Regolamento (CE) n. 2201/2003, applicabile nelle relazioni tra Stati membri dell’Unione Europea (esclusa la Danimarca), contiene norme integrative.

Cosa fare in caso di sottrazione internazionale del minore?

Innanzitutto, è bene ricordare che nell'ordinamento italiano la sottrazione di minore all'estero integra la fattispecie di reato punita ai sensi dell'art. 574 bis c.p. la quale stabilisce che: "Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque sottrae un minore al genitore esercente la responsabilità genitoriale o al tutore, conducendolo o trattenendolo all'estero contro la volontà del medesimo genitore o tutore, impedendo in tutto o in parte allo stesso l'esercizio della responsabilità genitoriale, è punito con la reclusione da uno a quattro anni. Se il fatto di cui al primo comma è commesso nei confronti di un minore che abbia compiuto gli anni quattordici e con il suo consenso, si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni. Se i fatti di cui al primo e secondo comma sono commessi da un genitore in danno del figlio minore, la condanna comporta la sospensione dall'esercizio della responsabilità genitoriale".

L'art. 574 bis c.p., nel prevedere l'impedimento dell'esercizio della potestà genitoriale, quale requisito oggettivo essenziale per il perfezionarsi della fattispecie, richiede che il minore sia di fatto sottratto alla vigilanza dell'altro genitore, così da precludergli sia la funzione educativa ed i poteri insiti nell'affidamento, sia poi impedendogli di esercitare al meglio quell'ufficio che gli è stato conferito dall'ordinamento nell'interesse superiore del minore e della naturale salvaguardia del legame parentale.

La sottrazione assume rilevanza penale nel momento in cui determina l'impedimento, anche solo in parte, delle prerogative inerenti alla responsabilità genitoriale, non risolvendosi nella sola privazione del contatto fisico tra genitore e figlio, ma anche nell'ostacolare materialmente la possibilità dell'esercizio di quei poteri/doveri di cura che derivano direttamente dalla legge.
Pertanto, allorquando si verifichi una situazione di sottrazione internazionale del minore il genitore potrà presentare formale denuncia nei confronti dell'altro avanti le Autorità italiane.

L'istanza di rientro

Ulteriore rimedio è disciplinato dalla stessa Convenzione dell'Aja la quale disciplina la cosiddetta istanza di rientro. Difatti, qualora tra il Paese da cui è stato sottratto il minore e quello in cui è stato condotto sia in vigore la Convenzione dell'Aja del 1980, il titolare del diritto di affido può proporre istanza di ritorno per il tramite dell'Autorità Centrali che hanno competenza esclusiva nell'istruire e seguire le procedure previste dalla medesima Convenzione: per l'italia, l'Autorità Centrale è istituita presso il Ministero della Giustizia, Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità.

Il soggetto che lamenta la sottrazione deve fornire i documenti per identificare il minore (certificati anagrafici, fotografie, eccetera), per chiarire il suo rapporto con il minore (ad esempio, il provvedimento giudiziario che stabilisce il regime di affidamento) e per provare l’effettiva residenza abituale in Italia del minore (ad esempio l’attestato di frequenza alla scuola che il minore frequentava prima della sottrazione, l’attestato del medico pediatra che comprovi la continuità della presa in carico sanitaria).
Deve altresì indicare, ove ne sia a conoscenza, l’indirizzo presso cui potrebbe trovarsi il minore e il nome delle persone che potrebbero essere in qualche maniera coinvolte nella sottrazione.

L'autorità centrale, ricevuti i moduli compilati con tutti i documenti necessari tradotti nella lingua dello Stato di rifugio, esamina preliminarmente la sussistenza dei requisiti della domanda e, se la valutazione è positiva, invia l’istanza all’autorità centrale dello Stato in cui si trova il minore sottratto.

La Convenzione non stabilisce entro quanto tempo dopo la sottrazione debba essere avviata la procedura per chiedere il ritorno del minore nello Stato di residenza abituale, tuttavia è bene evidenziare che se la domanda per il ritorno è proposta all’autorità giudiziaria quando è passato più di un anno dalla sottrazione del minore, il giudice dello Stato di rifugio può non ordinare il ritorno, se accerta che il minore si è nel frattempo integrato nel nuovo ambiente.

Quali sono i presupposti per l’applicazione della Convenzione dell'Aja?

1) Lo Stato di residenza abituale prima della sottrazione e lo Stato in cui il minore è stato portato (Stato di rifugio) devono avere entrambi ratificato o aderito alla Convenzione dell’Aia del 1980 e avere reciprocamente accettato l’adesione dell’altro Stato.
2) il minore sottratto deve avere meno di sedici anni di età. Al compimento del sedicesimo anno, la procedura si interrompe, anche se è già in fase giudiziaria.
3) la persona che richiede il ritorno è il titolare della responsabilità genitoriale sul minore e al momento della sottrazione esercitava effettivamente le corrispondenti funzioni. La titolarità della responsabilità genitoriale e i relativi diritti e doveri vanno verificati alla luce della legislazione in vigore nello Stato in cui il minore aveva la sua residenza abituale prima del trasferimento.

È bene evidenziare che l'Autorità straniera potrà rifiutarsi di emettere l'ordine di ritorno allorquando nei seguenti casi:
 
- se dovesse risultare che, prima o dopo la sottrazione, il richiedente abbia acconsentito al trasferimento;
- se dovesse venire accertato che sussista un fondato rischio che il minore, ritornando nello Stato di residenza abituale, sia esposto a pericoli fisici e psichici o si troverebbe in una situazione intollerabile;
- se il minore si opponga al ritorno, in caso che per sua età e maturità occorra tener conto del suo parere;

La procedura dell'istanza di rientro:

-  fase istruttoria all’estero
L’autorità centrale dello Stato estero attiva le ricerche per la localizzazione del bambino e ne comunica il risultato all’autorità centrale italiana. In questa fase si incentiva la composizione bonaria tra i genitori;

- fase giudiziaria
Se il genitore sottrattore non riporta volontariamente il minore in Italia, la fase successiva è l’attivazione della procedura giudiziaria nello Stato di rifugio per ottenere l’ordine di ritorno. Il procedimento  si svolge secondo le norme processuali dello Stato richiesto. Nel corso del procedimento deve essere ascoltato il minore, secondo le norme dello Stato in cui si svolge il giudizio.
Negli Stati membri dell’Unione Europea, l’ascolto deve essere effettualo sempre, se non è inopportuno in ragione dell’età̀ del minore o del suo grado di maturità.
Contro la decisione emessa in primo grado è possibile presentare impugnazione secondo le norme processuali proprie dello Stato in cui si svolge il giudizio.

-  fase esecutiva
In molti Stati l’ordine di ritorno non è immediatamente esecutivo. L’esecuzione dell’ordine di ritorno pertanto avviene secondo le norme proprie dello Stato in cui è stato pronunciato.

-  riesame
Nelle relazioni tra Stati membri dell’Unione Europea (esclusa la Danimarca) il Regolamento (CE) 2201/2003 prevede una procedura particolare per il caso in cui il giudice competente dello Stato di rifugio abbia negato l’ordine di ritorno per uno dei motivi previsti dall’articolo 13 della Convenzione dell’Aja del 1980.
Quando il diniego dell’ordine di ritorno è fondato su uno di questi motivi, il tribunale estero che ha emesso la decisione trasmette copia del provvedimento e dei pertinenti documenti, in particolare della trascrizione delle audizioni, all'autorità giudiziaria italiana (di solito tramite autorità centrali).
L'autorità giudiziaria italiana informa le parti e le invita a presentare entro tre mesi le proprie conclusioni sulla questione dell’affidamento (articolo 11 del Regolamento (CE) 2201/2003).
Se nessuna delle parti si attiva, il procedimento viene archiviato e il minore non farà ritorno, conformemente alla decisione straniera.
Se invece almeno una delle parti presenta delle richieste, l'autorità giudiziaria italiana può riesaminare la decisione sul ritorno già adottata dal giudice dello Stato estero di rifugio, pronunciandosi anche sull’affidamento.
Con questo meccanismo, l’autorità giudiziaria italiana della residenza abituale del minore al momento della sottrazione, che ha la competenza sulla questione dell’affidamento, ha l’ultima parola anche sulla questione del ritorno e la sua decisione prevale sulla decisione emessa nello Stato estero di rifugio.

La situazione negli Stati che non hanno adesito alla Convenzione dell'Aja

Se un minore invece è stato illecitamente portato o trattenuto in uno Stato che non ha aderito alla Convenzione dell’Aja, o la cui adesione non è stata accettata dall’Italia, l’autorità centrale non può intervenire e non è possibile attivare gli strumenti di cooperazione previsti dalla Convenzione stessa.
In tali casi, il soggetto che lamenta la sottrazione deve attivarsi  autonomamente, incaricando un avvocato locale, seguendo le procedure amministrative o giudiziarie previste dallo Stato in cui il minore è stato portato e trattenuto. Tuttavia, è sempre bene rivolgersi al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale per l'assistenza consolare.

Come prevenire la sottrazione internazionale del minore?

Qualora vi sia il sospetto che l'altro genitore abbia l'intenzione di portare all’estero il proprio figlio è possibile porre in essere degli accorgimenti, volti ad evitare la sottrazione:

- innanzitutto informarsi sulle disposizioni in materia di affidamento e diritto di visita vigenti nello Stato di appartenenza (o di residenza) dell’altro genitore;
- far riconoscere, ove possibile, nello Stato di appartenenza (o residenza) dell’altro genitore l’eventuale provvedimento di affidamento del minore in proprio favore ottenuto in Italia (o nel Paese di residenza), ovvero avviare direttamente in quello Stato analoga procedura;
- far sottoscrivere dall’altro genitore un impegno di rientro in Italia alla data stabilita;
- chiedere al giudice competente di vietare l’espatrio del minore e/o dell’altro genitore senza il consenso dell’altro;
- non concedere l’assenso al rilascio del passaporto del minore ovvero revocare l’assenso a suo tempo rilasciato.

Per approfondire leggi anche:

Diritto alla bigenitorialità: le condotte lesive penalmente rilevanti

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