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Maternità surrogata: un reato universale?

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La reclusione da 3 mesi a 2 anni e la multa fino a un milione di Euro. È questa la pena edittale prevista dal testo base della nuova proposta di legge che vieterebbe la materinità surrogata anche all'estero, rendendola un "reato universale". Se oggi è possibile per una coppia italiana, recarsi fuori dall'Italia per intraprendere un percorso di surrogazione di maternità, l'intenzione della suddetta normativa è quella di vietare tale consolidata prassi, a cui ricorrono molte coppie, soprattutto omossessuali, punendo in Italia tutti i soggetti che hanno fatto ricorso alla procedura comunemente chiamata utero in affitto.


La maternità surrogata: che cos'è?

Con il termine maternità surrogata si definisce la pratica in cui una donna, in forza di un contratto a titolo oneroso o a titolo gratuito, porta avanti una gravidanza per conto dei cosiddetti genitori intenzionali o committenti.
In particolare, tale procedura prevede l'impianto nell'utero della donna ospitante di un embrione creato artificialmente mediante inseminazione o fecondazione in vitro di un ovocita di donatrice anonima (o della stessa madre surrogata o della madre committente) e del seme del padre intenzionale (o di donatore anonimo).
Si distingue tra maternità surrogata tradizionale e maternità surrogata gestazionale a seconda che l’ovocita fecondato con seme del padre committente (o di donatore di gameti maschili) appartenga rispettivamente alla madre surrogata o a una donatrice anonima (o più raramente alla madre intenzionale).

Come è disciplinata la maternità surrogata in Italia?

In Italia la maternità surrogata è vietata.
Difatti, l’ordinamento italiano sanziona penalmente qualsiasi ricorso a tale prassi; l'art. 12 comma 6 della Legge n. 40/2004, recante norme sulle tecniche di procreazione medicalmente assistita dispone che: "Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro".

Tale divieto, oltre all’assenza di norme uniformi a livello internazionale, spinge sempre più coppie e singoli a recarsi all’estero al fine di realizzare il proprio progetto parentale e cercare un cosiddetto 'utero in affitto', allorquando quest’ultimo sia vietato o anche soltanto disciplinato più severamente nello Stato di appartenenza.
In questi casi si parla sempre più spesso di “turismo procreativo”; tale prassi, tuttavia, pone sempre più spesso problematiche relative alla domanda di riconoscimento dello status filiationis del minore nato all’estero a seguito di maternità surrogata proposta nello Stato di origine dei genitori intenzionali, soprattutto allorquando tale pratica è vietata nel Paese, come l'Italia.

Il riconoscimento in Italia del minore nato da maternità surrogata

La Corte di Cassazione e la Corte Costituzionale si sono pronunciate più volte sulla riconoscibilità del rapporto di filiazione in capo al genitore non biologico del minore nato all'estero da madre surrogata.
Difatti, accadeva più volte che, al momento della registrazione, l'ufficiale di stato civile italiano si rifiutasse di trascrivere o rettificare l'atto di nascita con l'aggiunta del nominativo del padre non bilologico.

In particolare, il dibattito giurisprudenziale riguardava il bilanciamento dei due principi che venivano a scontrarsi: da una parte l'ordine pubblico dall'altra parte l'interesse del minore ad una continuità del rapporto affettivo.

Un primo intervento Giurisprudenziale significativo sul punto è arrivato con la sentenza delle Sezioni Unite n. 12193/2019, con la quale la Suprema Corte negava il riconoscimento per contrasto con l’ordine pubblico.
In particolare, secondo le Sezioni Unite, infatti, il divieto della maternità surrogata stabilito dalla legge n. 40/2004 doveva essere inteso come principio di ordine pubblico, essendo quest’ultimo posto a presidio di valori fondamentali, quali la dignità umana della gestante, costituzionalmente tutelata, e l’istituto dell’adozione, garantito con legge ordinaria (n. 184/1983), il quale rappresenta, allo stato, l’unico strumento idoneo in Italia a stabilire un rapporto di filiazione in situazioni in cui manchi qualsiasi legame biologico tra il minore interessato e i genitori.

Con l'ordinanza del 29 aprile 2020, la sezione prima civile della Corte di Cassazione, dubitando di tale decisione, sollevava questione di legittimità costituzionale.
Con sentenza n. 33/2021 la Corte Costituzionale italiana dichiarava inammissibile le questioni sopra menzionate ma invitava contestualmente il legislatore italiano ad intervenire quanto prima in materia così da realizzare, a livello normativo, il bilanciamento richiesto dai diversi interessi in gioco.

La Cassazione, con l'ultima pronuncia a Sezioni Unite del 30 dicembre 2022 n. 38162, ha definitivamente riconosciuto la possibilità di colmare questo vuoto normativo tramite la procedura di adozione del minore in casi particolari, che produce l'effetto pieno e fa nascere relazioni di parentela con i familiari dell'adottante.

Maternità surrogata come reato universale: la nuova proposta di legge

La nuova proposta di legge intende modificare l’articolo 12 della legge 40, che vieta la maternità surrogata e la commercializzazione di gameti ed embrioni in Italia, aggiungendo alla norma la frase “le pene stabilite dal presente comma si applicano anche se il fatto è commesso all’estero”.

Si tratterebbe, dunque, di introdurre una fattispecie di reato universale.
Pertanto, chi si reca all'estero per intraprendere un percorso di maternità surrogata, anche in un paese, come ad esempio gli Stati Uniti, in cui è legale come pratica, verrebbe punito in Italia.

Tale disposizione trova fondamento nell'art. 7 c.p. n 5, il  quale stabilisce espressamente la punibilità in Italia per taluni reati anche se commessi all’estero, prevedendo una riserva di legge in materia.

Le problematiche

Numerose sono le critiche sollevate da quest'ultima proposta di legge; in primo luogo, molti giuristi si sono opposti alla medesima definizione di reato universale.

Difatti, come ampiamente spiegato da molti, la maternità surrogata in molti Paesi è consentita. Ma ancor più problematiche si pongono dal punto di vista giuridico.

L'art. 9 c.p. dispone che il cittadino italiano che abbia commesso un delitto comune all'estero può essere soggetto alla giurisdizione italiana se il fatto commesso all’estero è punito dalla legge italiana con la pena dell’ergastolo o con la reclusione nel minimo non inferiore a tre anni. La pena massima per la maternità surrogata in Italia è però di due anni di reclusione, a questo punto la condanna potrebbe aver luogo solo dietro specifica richiesta da parte del Ministro della Giustizia.

Quindi la nuova normativa, in primo luogo si porrebbe in violazione del requisito della doppia incriminazione, nei casi in cui la maternità surrogata venga posta in essere in ordinamenti in cui tale pratica è lecita e oggetto di specifica disciplina; altresì, si renderebbe necessario un intervento da parte del ministero della Giustizia.

Aggiornamento del 26 luglio: la Camera approva con 166 voti favorevoli, ora la proposta di legge passerà al Senato per la definitiva approvazione.

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