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Il diritto del figlio di conoscere i propri genitori biologici

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La questione inerente il diritto alla segretezza della madre biologica non nominata nell’atto di nascita del figlio è stata oggetto di provvedimenti giudiziali innovativi e di recenti notizie di cronaca. In particolare il caso di cui si è discusso molto nelle ultime settimane ha riguardato un interpello operato dal Tribunale per i Minorenni di Milano che ha contattato una madre biologica, ottenendo da quest’ultima il consenso a sottoporsi a esami ematici necessari alle cure sperimentali in favore della figlia affetta da malattia oncologica.


Cerchiamo di capire quali siano le disposizioni attualmente vigenti in materia di adozione e di diritto alla privacy della madre biologica che non ha riconosciuto la prole al momento della nascita.
Quali aspettative può nutrire il figlio biologico che desidera conoscere l’identità della propria madre? Quali azioni può intraprendere l’avvocato di diritto minorile che si trova a dirimere simili questioni?

Dare una risposta precisa e dettagliata in materia è complicato per il semplice fatto che, nel corso degli ultimi otto anni, si sono susseguiti notevoli interventi di natura giurisprudenziale, a cui hanno fatto seguito delle iniziali modifiche di carattere legislativo non ancora risolutive.

Il diritto alla segretezza della madre che non vuole riconoscere il figlio

Come trattato nel precedente articolo La madre che non riconosce il figlio biologico: i neonati abbandonati, fino al 2012 il diritto alla segretezza della madre prevaleva su ogni altra richiesta futura proveniente dal figlio biologico riguardante l’identità della donna fino al momento del decesso di quest’ultima.

Infatti in carenza di riconoscimento dalla nascita, non era possibile l’accesso a qualsivoglia informazione riguardante la genitrice biologica da parte del figlio, non trovando in tal caso applicazione la Legge n. 149/01 adottata in ossequio alle Convenzioni Internazionali.

Il fondamento giuridico di questa considerazione era da rinvenire nell’art. 28 comma 7 della Legge n. 184 del 1983, come sostituito dall’art 177 comma 2 del D.lgs. 169/2003 (Codice in materia di protezione dei dati personali), ove il legislatore negava l’accesso alle informazioni nei confronti della madre che avesse dichiarato alla nascita di non voler essere nominata, ai sensi dell’articolo 30, comma 1 del DPR n. 396/2000.

Gli interventi della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo

Tuttavia negli anni 2012 e 2013, la giurisprudenza della Corte Europea dei Dirittti dell’Uomo e la Corte Costituzionale imponevano all’ordinamento di adeguarsi a un nuovo orientamento maggiormente tutelante nei confronti della prole, consentendo al figlio biologico l’opportunità di risalire all’identità materna.

Nello specifico la CEDU, nel caso Godelli contro Italia, il 25 settembre 2012, dichiarava che l’art. 28, comma 7 della legge sulle adozioni risultava in violazione dell'art 8 CEDU, posto a tutela della vita privata e familiare.

Sulla medesima scia, l’anno seguente la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 278/2013, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma in questione “nella parte in cui non prevede, attraverso un procedimento stabilito dalla legge che assicuri la massima riservatezza, la possibilità per il giudice di interpellare la madre, che abbia dichiarato di non voler essere nominata ai sensi dell’articolo 30 comma 1, su richiesta del figlio, ai fini di un’eventuale revoca di questa dichiarazione”.

In virtù di questo duplice intervento, si è verificato un contrasto giurisprudenziale, tra chi ha ritenuto necessario attendere l’intervento del legislatore con una disciplina di dettaglio e chi, invece, ha ammesso l’interpello riservato anche senza una legge che lo regolamentasse.

La possibilità di contattare la madre biologica

Pertanto si è reso necessario l’intervento chiarificatore delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la storica sentenza n. 1946 del 2017, che hanno previsto la possibilità per una persona nata da un parto anonimo di verificare, attraverso un interpello riservato condotto dal Tribunale, che la madre biologica desideri continuare a non essere nominata, nonostante il legislatore non abbia ancora regolamentato la procedura da seguire.

L’art 177 è stato poi abrogato ai sensi dell’articolo 27 del D.lgs. n., 101/2018, venendo meno il divieto all’accesso alle informazioni ma rimanendo il vuoto sul come procedere per ottenerle.
Tra l’altro il diritto alle origini è stato riconosciuto anche riguardo alle informazioni sull’identità delle sorelle e dei fratelli biologici, previo interpello di questi ultimi al fine di acquisirne il consenso e di contestarne il diniego, da ritenersi sempre impeditivo dell’esercizio del diritto (Cassazione 6963/2018).

Il bilanciamento tra interessi opposti

Ad oggi, alla luce dei principi delle linee-guida di matrice giurisprudenziale, si rimane in attesa di un intervento normativo. In altre parole ad oggi non ci è possibile delineare un quadro giuridico di dettaglio: allo stato attuale del diritto, da una parte è innegabile al figlio biologico l’accesso alle informazioni sull’identità della propria madre; dall’altra, tuttavia, è sempre necessario operare un bilanciamento di interessi volto alla ricerca di un equilibrio tra il diritto del figlio a essere informato e il diritto della madre all’oblio.

Pertanto, nell’inerzia del legislatore, grava sulla magistratura il compito di trovare una soluzione temporanea e transitoria.
Nella prassi i giudici tendono a seguire per analogia il procedimento di volontaria giurisdizione stabilito per la richiesta di informazioni da parte della persona adottata nata da madre che non abbia reso la dichiarazione di anonimato.

Tuttavia, di volta in volta, la procedura di dettaglio viene riadattata affinchè l’istituto dell’interpello nei confronti della madre non nominata all’atto di nascita garantisca la piena riservatezza e la dignità della donna.

Per approfondire leggi anche:

Maternità surrogata: un reato universale?

La madre che non riconosce il figlio biologico: i neonati abbandonati

Affidamento preadottivo, riconoscimento del figlio e anonimato della madre

Procreazione medico assistita: il consenso della madre è sufficiente


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