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Minori e social network: l'obbligo di vigilanza dei genitori

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Negli ultimi anni i social network come Facebook, Instagram e Tik Tok – noti soprattutto tra gli adolescenti – sono diventati parte integrante della quotidianità, ma se da un lato i social network sono diventati un ottimo strumento di comunicazione, dall'altro però non mancano i pericoli connessi a tale strumento tanto che si pone la necessità di un' adeguata educazione finalizzata ad evitare che i minori cagionino danni a terzi mediante l'uso improprio degli strumenti telematici.


I minori sono soggetti deboli e, in quanto tali, necessitano di apposita tutela, non avendo ancora raggiunto un'adeguata maturità ed essendo ancora in corso il processo relativo alla loro formazione.

La Suprema Corte (Cass. Civ., sez. III, 5 settembre 2006, n. 190969) ha affermato la necessità di tutela del minore nell'ambito del mondo della comunicazione, facendo particolare riferimento all'art. 16 della Convenzione sui diritti del fanciullo approvata a New York il 20 novembre 1989, che sancisce il diritto del minore a non subire interferenze arbitrarie o illegali con riferimento alla vita privata, alla sua corrispondenza o al suo domicilio; così come è riconosciuto al minore il diritto a non subire lesioni alla reputazione e al suo onore.

L'art. 3 di tale Convenzione prevede altresì che in ogni procedimento davanti al giudice che coinvolga un minore, l'interesse superiore di quest'ultimo deve essere senz'altro considerato preminente.

Il Tribunale di Caltanissetta, con sentenza depositata l'8 ottobre 2019, ha affermato che “gli obblighi inerenti la responsabilità genitoriale impongono non solo il dovere di impartire al minore una adeguata educazione all'utilizzo dei mezzi di comunicazione ma anche di compiere un'attività di vigilanza sul minore per quanto concerne il suddetto utilizzo; l'educazione si pone, infatti, in funzione strumentale rispetto alla tutela dei minori al fine di prevenire che questi ultimi siano vittime dell'abuso di internet da parte di terzi”.

A tal proposito va sottolineato come l'educazione, anche sotto il punto di vista tecnologico e dei mezzi di comunicazione, debba essere sempre volta alla tutela dei minori, evitando un utilizzo anomalo e incontrollato dei social network e della rete in senso più generale che potrebbero portare ad anomalie in un corretto sviluppo psicofisico dei soggetti in questione, ancora incapaci di determinare consapevolmente rilevanza e adeguatezza di comportamenti propri e di terze persone.

“L'educazione deve essere, inoltre, finalizzata a evitare che i minori cagionino danni a terzi o a sé stessi mediante gli strumenti di comunicazione telematica; sotto tale profilo si deve osservare che l'anomalo utilizzo da parte del minore dei social network e, in generale, dei mezzi offerti dalla moderna tecnologia tale da lederne la dignità cagionando un serio pericolo per il sano sviluppo psicofisico degli stessi, può essere sintomatico di una scarsa educazione e vigilanza da parte dei genitori; i genitori sono tenuti non solo ad impartire ai propri figli minori un'educazione consona alle proprie condizioni socio-economiche, ma anche ad adempiere a quell'attività di verifica e di controllo sull'effettiva acquisizione di quei valori da parte del minore; riguardo all'uso della rete telematica l'adempimento del dovere di vigilanza dei genitori è, inoltre, strettamente connesso all'estrema pericolosità di quel sistema e di quella potenziale esondazione incontrollabile dei contenuti”.

L'obbligo di vigilanza dei genitori viene pertanto considerato strettamente connesso all'estrema pericolosità del sistema e della potenziale esondazione incontrollabile dei contenuti.

La responsabilità del compimento di eventuali illeciti da parte dei minori ricadrà conseguentemente sui genitori e la responsabilità dei genitori varia a seconda che si tratti di illecito civile o penale.

In ambito civile, dunque, anche l'illecito commesso sulla rete internet comporta una responsabilità dei genitori ex art. 2048 c.c., unita ai doveri inderogabili ex art. 147  c.c., attenuata solo nel caso in cui i genitori diano prova di aver impartito una buona educazione e di aver predisposto ogni ragionevole misura di sicurezza al fine di evitare la commissione dell'illecito, nonché di non essere riusciti ad impedire il fatto nonostante l'adeguata vigilanza espletata. Si applica la c.d. responsabilità civile (Cass. 2413/2014 e 3964/2014).

Pertanto, come specificato dalla Suprema Corte, deve ritenersi presunta la culpa in educando dei genitori qualora il fatto illecito commesso dal figlio minore sia di tale gravità da rendere evidente la sua incapacità di percepire la mancanza della propria condotta, confermando il presupposto per cui i genitori di un figlio minorenne con essi convivente possono evitare la responsabilità ex art. 2048 c.c., esclusivamente nel caso in cui dimostrino la totale assenza di una loro colpa in vigilando e in educando, con la precisazione che, in talune fattispecie, è possibile ritenere in re ipsa la culpa in educando e, pertanto, è necessario fornire una prova specifica sulla corretta educazione impartita.

Sotto ogni punto di vista la giurisprudenza di merito ha affermato che “il dovere di vigilanza dei genitori deve sostanziarsi in una limitazione sia quantitativa che qualitativa di quell'accesso, al fine di evitare che quel potente mezzo fortemente relazionale e divulgativo possa essere utilizzato in modo non adeguato da parte dei minori” (Trib. Teramo, 16 gennaio 2012).

Recentemente, però, il Tribunale di Parma, con sentenza 5 agosto 2020, ha confermato che il diritto-dovere dei genitori di educare i propri figli comprende anche l'educazione digitale dei minori, specificando nel caso di specie che “i contenuti presenti sui telefoni cellulari dei minori andranno costantemente supervisionati da entrambi i genitori, in modo da evitare la comparsa di materiali non adatti all'età ed alla formazione educativa dei minori. La stessa regola vale anche per l'utilizzo eventuale del computer, al quale andranno applicati i necessari dispositivi di filtro”.

Ma diamo uno sguardo alla realtà: secondo la normativa vigente, per utilizzare i social network occorre aver compiuto i 14 anni.
Ciò non toglie che è possibile farlo anche tra i 13 e i 14 anni, ma sempre e solo sotto la supervisione dei genitori.
Sotto i 13 anni è assolutamente vietata l'iscrizione a qualsiasi tipo di social nerwork, così come l'uso.

Dati alla mano, però, dimostrano che non è esattamente così e ce lo dimostrano i dati statistici:

- l'85% dei ragazzi tra i 10 e i 14 anni possiede un profilo social
- il 22% al momento dell'iscrizione non ha indicato la sua vera età, neppure chi lo ha fatto in presenza di un genitore
- il 91% non parla con i genitori di quello che vede o sente su internet.

Bisogna insegnare agli adolescenti ad avere un comportamento corretto quando si usa internet, insegnando loro semplici e fondamentali regole tra cui:

- non diffondere mai informazioni personali;
- rispettare gli altri (ci si può imbattere nel fenomeno del c.d. cyberbullismo);
- non accettare mai appuntamenti;
- stare molto attenti alla propria privacy e a quella degli altri (ci si può imbattere nel c.d. Revenge porn);
- navigare sempre tramite programmi sicuri al fine di evitare insidie e siti pericolosi;
- in caso di dubbio è opportuno chiedere sempre al genitore.

Il compito principale dei genitori è quello di educare e istruire la prole, così come stabilire regole base conoscendo ciò di cui si parla, in modo che le regole date saranno ben comprese e accettate dai bambini.
I minori vanno controllati, ed è opportuno stabilire anche un limite di tempo attraverso il quale il minore può navigare in internet, sempre impostando delle limitazioni attraverso il parental control.

Il problema della dipendenza da social, tuttavia, non riguarda soltanto il minore ma anche il genitore tanto da essere motivo di responsabilità endofamiliare, e la dipendenza dai social network comporta, altresì, la violazione dei doveri educativi nei confronti dei figli.

Per approfondire leggi anche:

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