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Influencer tra social e pubblicità: quando è consentita

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Nella quotidianità, grazie alla diffusione dei social network, ci si imbatte in pubblicità "non convenzionali": promozioni effettuate non più in un contesto televisivo o su canali dedicati, bensì da persone diventate famose e con un certo seguito, proprio grazie ad internet, ormai da tutti conosciuti come influencer.
Con questo termine si indica una persona in grado di raggiungere, tramite dei messaggi condivisi sui social network (Post, Storie, Reel, ecc.), un numero alto di utenti, creando dei presupposti per una propagazione su vasta scala di informazioni tramite il passaparola.


Parte del loro lavoro, infatti, potrebbe consistere proprio nel promuovere alcuni prodotti di marche, non necessariamente famose e già note al grande pubblico, attraverso lo strumento dell'influencer marketing.
Questa strategia di mercato consiste proprio nello sfruttare il passaparola che si genera all'interno del proprio pubblico o seguito, i cosiddetti follower.

Cosa non può essere pubblicizzato?
Potrà sembrare strano, ma alcuni prodotti non possono essere pubblicizzati. Soprattutto con riferimento ad alcuni social network, come Facebook e Instagram, esiste una lista di prodotti vietati, tra cui:
• Alcool;
• Scommesse con l'utilizzo di denaro reale;
• Lotterie Online;
• Integratori;
• Servizi in abbonamento;

Non rispettare le direttive imposte potrebbe comportare il cosiddetto ban e cioè una limitazione alle funzionalità del proprio profilo tramite l'attivazione di una serie di strumenti che consentono di vietare l'accesso e/o l'interazione con gli altri ad un determinato utente tramite il suo username, IP o indirizzo email.

Quali caratteristiche deve avere la pubblicità?

Gli influencer, nonostante lavorino attraverso piattaforme informatiche, devono rispettare le norme dettate in materia di pubblicità, al fine di evitare sanzioni.

Il Codice del consumo, cioè il d. lgs. n. 206/2005, ha lo scopo di tutelare i diritti dei consumatori e degli utenti e per tale ragione, se per esempio all'interno di un programma televisivo compaiono delle marche ben visibili, impone di avvertire espressamente lo spettatore di questa pratica, utilizzando l'indicazione: inserimento di prodotti a fini commerciali.

Questa imposizione viene prevista perché per il nostro ordinamento qualsiasi forma di pubblicità occulta o indiretta non è permessa, in quanto potrebbe trarre in inganno il consumatore, inducendolo, se non correttamente informato, ad acquistare proprio quei prodotti che di solito vengono mostrati con la marca bene in vista.

Questo vale anche per i social network: chiaramente, se pensiamo alle storie di Instagram, non si vedrà mai il classico avvertimento utilizzato in televisione, tuttavia, ciò non toglie che esistano altre tipologie di "disclaimer" che gli influencer sono obbligati ad utilizzare.

Infatti l’IAP (Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria) afferma che sia necessario dichiarare a voce o tramite corretta dicitura che il contenuto pubblicitario è previsto sulla base di un accordo e quindi sponsorizzato. A tale scopo esistono 3 hashtag, ognuno indicativo della tipologia di accordo contrattuale sottoscritto tra l'impresa produttrice e l'influencer:

1. #ADV o #AD: comunica che l'influencer è stato pagato per mostrare quei prodotti, luoghi o servizi, e che esiste un accordo commerciale;

2. #Suppliedby: indica che quei beni, servizi o esperienze sono state ricevute gratuitamente dall'influencer, in cambio di visibilità del brand;

3. #Giftedby: i prodotti mostrati sono stati regalati all’influencer, che può decidere se mostrarli o meno al proprio pubblico.

Punto fondamentale, inerente la regolamentazione l'utilizzo di questi hashtag, è il fatto che debbano essere ben visibili a chiunque.
Infatti, anche nel caso in cui, vengano utilizzati, ma nascosti, scritti troppo in piccolo o di un colore non visibile, si incorrerebbe nella violazione delle norme previste a tutela dei consumatori.

Quali tutele ha il consumatore/utente?

I consumatori che intendono segnalare una pratica commerciale scorretta possono farlo attraverso due strumenti:

1. Possono segnalare la pratica scorretta direttamente al Garante della Concorrenza e del Mercato – A.G.C.M. con le modalità indicate dal sito dell'Ente stesso.
L’Autorità può accertare e bloccare, anche di propria iniziativa, le pratiche commerciali scorrette, le pubblicità ingannevoli e comparative illecite. Ai segnalatori non sono richieste particolari adempimenti, come non è necessaria l’assistenza di un avvocato.

2. Richiedere l’intervento del Giurì, segnalando la pubblicità ritenuta non corretta al Comitato di Controllo, nei confronti di chi, avendo accettato il Codice di Autodisciplina, abbia compiuto delle attività ritenute pregiudizievoli.
La parte interessata deve presentare una istanza scritta indicando la comunicazione commerciale che intende sottoporre all’esame del Giurì, esponendo le proprie ragioni, allegando la relativa documentazione e i previsti diritti d’istanza.

Il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale, infatti, è vincolante per utenti, agenzie, consulenti di pubblicità e di marketing, gestori di veicoli pubblicitari di ogni tipo e per tutti coloro che lo abbiano accettato direttamente ovvero mediante la sottoscrizione di un contratto finalizzato all’effettuazione di una comunicazione commerciale.


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