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Casa coniugale e figli indipendenti: cambia l'assegno divorzile?

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In caso di separazione o divorzio dei coniugi, in presenza di figli, il giudice dispone l’assegnazione della casa familiare al genitore che viene indicato quale collocatario prevalente della prole, a prescindere dal titolo di proprietà sull'immobile. Tale provvedimento, infatti, viene adottato al fine di assicurare ai figli la conservazione dello stesso ambiente domestico, garantendo nella loro quotidianità gli stessi riferimenti affettivi utili ad una crescita serena.


Il godimento della casa familiare è disposto tenendo prioritariamente conto dell’interesse superiore dei figli, ai quali deve essere assicurato il mantenimento dello stesso ambiente al fine di rendere meno traumatica la separazione dei genitori.

Stante quindi, che il principio alla base dell’istituto dell’assegnazione della casa familiare è la protezione dell’interesse del minore, la giurisprudenza (V. Cass. Civ. 24254/2018) si è ormai fortemente orientata nell’affermare che in assenza di figli il giudice non può disporre l’assegnazione dell’abitazione, nemmeno quando il coniuge più debole sia privo di una casa, mentre l’altro sia proprietario di più immobili.
In tali casi, infatti, si dovrà valutare lo squilibrio economico e patrimoniale tra i coniugi per determinare il quantum più corretto dell'assegno di mantenimento o di divorzio.

Chiaramente le condizioni ottenute in sede di separazione o divorzio non sono immutabili, anzi potrebbero subire delle variazioni proprio a causa di alcuni accadimenti che influenzano le capacità reddituali e patrimoniali delle parti.

La modifica delle condizioni

Pertanto, gli ex coniugi possono sempre richiedere la modifica delle condizioni, se vi sia una causa giustificatrice che viene provata Uno di questi casi è proprio quello che è stato risolto dalla recente sentenza della Corte di Cassazione n. 7691/2024.

Il caso trattato aveva alla base il ricorso presentato dal marito che chiedeva il rigetto dell'aumento dell'assegno da corrispondere alla ex moglie divorziata, ottenuto, a seguito della revoca dell'assegnazione della casa familiare.

Infatti, anche il provvedimento di assegnazione dell’immobile non è perpetuo bensì può venir meno in alcuni casi:
1. I figli sono divenuti tutti economicamente indipendenti e non coabitano più con il genitore assegnatario;
2. L'assegnatario non abita o cessa di abitare stabilmente nella casa coniugale;
3. L'assegnatario conviva o contragga nuovo matrimonio.

Proprio il primo caso è stato oggetto del procedimento in commento, poiché entrambi i figli della coppia erano divenuti economicamente indipendenti e avevano cessato di convivere nella casa coniugale con la madre.
Più precisamente, uno dei due figli non aveva raggiunto una vera e propria indipendenza, ma era stato reso autonomo grazie ai mezzi messi a disposizione dal padre.

La sentenza n. 7691/2024 Corte di Cassazione

Chiaramente, se da un lato i figli ormai indipendenti e autonomi, incidono negativamente sul diritto dell'ex coniuge ad abitare la casa familiare, dall'altro l'assegnazione della casa costituisce un'utilità economica che in sede divorzile viene valutata al fine di quantificare l'assegno, in chiave assistenziale-compensativa e di conseguenza il suo venire meno, a causa della revoca dell'assegnazione, rappresenta una modifica delle condizioni economiche del coniuge.

Proprio questa è la ragione che ha sostenuto la Cassazione al fine di giustificare il proprio rigetto nei confronti del ricorso promosso dall'ex marito contro l'aumento dell'assegno disposto in favore della ex moglie, sottolineando come la ripresa della piena disponibilità della casa familiare costituisse per quest’ultimo un incremento patrimoniale atto ad aumentare il divario economico tra i due ex coniugi.

La Corte inoltre stabilisce un ulteriore principio: “in tema di revisione delle condizioni di divorzio, costituisce sopravvenienza valutabile, ai fini dell’accertamento dei giustificati motivi per l’aumento dell’assegno divorzile, la revoca dell’assegnazione della casa familiare di proprietà esclusiva dell’altro ex coniuge, il cui godimento […] costituisce un valore economico non solo per l’assegnatario, che ne viene privato per effetto della revoca, ma anche per l’altro coniuge, che se ne avvantaggia, potendo andare ad abitare la casa coniugale o concederla in locazione a terzi o comunque impiegarla in attività produttive, compiendo attività suscettibili di valutazione economica che, durante l’assegnazione all’altro coniuge, non erano consentite”.

La Suprema Corte, da ultimo, valuta la raggiunta indipendenza economica dei figli come un’ulteriore circostanza che può essere vista come "un ulteriore risparmio e un aumento delle disponibilità economiche a vantaggio dell'obbligato al mantenimento, ormai non più percepito dai figli.

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