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E' stalking se il padre assilla la ex con la scusa di vedere il figlio

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La sentenza della Corte di Cassazione n. 10904/2020 conferma la condanna per stalking per un padre che ha posto in essere numerose condotte vessatorie in danno alla ex moglie solo per esercitare il suo diritto di fare il genitore.


La Cassazione, inoltre, conferma la sentenza di primo grado che ha condannato il padre per il reato di atti persecutori; il reato è disciplinato dall’art. 612 bis del codice penale, il quale sancisce che “è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato d’ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”.

In sede di legittimità il difensore dell’imputato riporta quanto già illustrato in sede di appello e ripropone le questioni, doglianze e richieste che riassumiamo, mantenendo ferma la sua posizione di ritenere impossibile che la condotta del suo imputato possa integrare il reato di atti persecutori.

Le condotte vessatorie di cui è stato accusato devono considerarsi come l’espressione del suo diritto di godere di un buon rapporto con il figlio pertanto deve essergli riconosciuta la scriminante dell’esercizio di un diritto collegabile al suo ruolo di padre.
Sempre secondo la difesa i Giudici di primo grado avrebbero dovuto effettuare un maggior approfondimento istruttorio e avrebbero dovuto condannare la querelante al risarcimento del danno e alla rifusione delle spese processuali.

La Corte di Cassazione, pronunciatasi sulle richieste, ribadisce che in questa sede non è consentito procedere a una rilettura dei fatti perché questa valutazione è riservata ai giudici di merito; ritiene, inoltre, non fondati gli argomenti sollevati dal ricorrente relativi al diritto di mantenere il rapporto padre figlio in quanto le condotte vessatorie sono dirette esclusivamente nei confronti della madre del bambino, questo evidenzia come manchi del tutto un collegamento con la condizione di genitore.

La Corte ritiene, infine, strana la richiesta di natura risarcitoria avanzata nei confronti della vittima del reato in quanto, sulla base delle dichiarazioni rilasciate dalla persona offesa, si evince che l’imputato si sia reso responsabile di incursioni in casa, danni alla vettura della vittima e ai suoi genitori, minacce di morte, numerosi telefonate e imbrattamento delle mura esterne dell’abitazione.

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