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Diritto all'aborto negli Usa: un salto nel passato

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La Corte Suprema degli Stati Uniti ha abolito a livello federale in America il diritto all'aborto, lasciando ad ogni Stato della federazione autonomia di decisione in merito.
La sentenza, a suo modo storica, porterà al divieto totale di interruzione di gravidanza quantomeno in 13 Stati che avevano già approvato leggi molto stringenti in attesa della sentenza.
La decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti di annullare il diritto all'aborto - che per 50 anni ha reso legale l'aborto a livello federale nel Paese - è un grande passo indietro nella storia del Paese in tema di diritti civili.


Negli Stati Uniti l'interruzione della gravidanza diventò legale grazie alla sentenza “Roe vs Wade” del 22 gennaio 1973, quando la Corte Suprema riconobbe alla texana Norma McCorvey il diritto di interrompere la gravidanza.

Prima della sentenza che aveva uniformato la questione negli Stati Uniti l'aborto era regolato autonomamente da ogni Stato con una propria legge.
Fino ad allora, significative erano le differenze tra i vari Stati: secondo il diritto comune americano, l'aborto era proibito in 30 Stati, in alcuni altri era applicato solamente nei casi in cui dalla prosecuzione della gravidanza potesse derivare un grave pericolo per la salute o per la stessa vita della donna, mentre in soli 4 Stati era sufficiente la sola richiesta della donna.
Per questo movito la sentenza Roe vs Wade rappresentava un precedente storico per il diritto all'aborto sia negli Stati uniti che nel resto del mondo.

Chi era Norma McCorvey

Norma McCorvey, chiamata a comparire sotto il nome di Roe per proteggerne la privacy, restò sposata per anni con un uomo violento dal quale ebbe due figlie.
Nata da matrimonio fallito tra una cameriera e un soldato, involontaria protagonista delle grandi battaglie morali e sociali americane di mezzo secolo, McCorvey ne aveva passate tante da giovane: era stata una bambina maltrattata, subendo violenze anche da adolescente, prima di contrarre matrimonio in giovanissima età ed in seguito diventare una madre single.

Oggi, invece, i giudici della Suprema Corte Americana, con la loro sentenza hanno praticamente sancito che l'aborto negli Stati Uniti non è più un diritto riconosciuto a livello nazionale.

La Corte Suprema, tuttavia, ha preso come spunto il caso Dobby vs Jackson Women's Health Organization, che contestava il divieto di aborto nel Mississipi dopo 15 settimane.
Con 6 voti favorevoli e 3 voti contrari, il Tribunale a maggioranza conservatrice si è pronunciato a favore dello Stato ponendo fine al diritto costituzionale all'aborto negli Stati Uniti.

La motivazione di tale decisione, come si legge in sentenza, è che l'aborto non è un diritto costituzionale e perciò non protetto da alcuna disposizione costituzionale.

Inoltre, l'intenzione della maggioranza dei giudici della Corte Suprema è di far tornare la questione al processo politico e legislativo: questo significherà che ogni Stato potrà decidere se:

- consentire gli aborti;
- vietarli sempre e/o in alcune circostanze.

La decisione dei giudici della Corte Suprema Americana, non solo è una sconfitta per i diritti civili delle donne, ma porterà a conseguenze gravi per la loro salute come, ad esempio, ad un incremento degli aborti clandestini.

Cosa dovranno fare da oggi le donne americane per abortire?

Oltre ai movimenti di protesta che già si registrano in tutto il Paese e ad alcuni Tribunali che hanno sospeso la sentenza, per abortire oggi milioni di donne americane dovrebbero percorrere migliaia di chilometri per raggiungere altri Stati dove il diritto all'aborto è ancora consentito, oppure nella migliore delle ipotesi affidarsi a medici compiacenti, con tutti i rischi che ne potrebbero conseguire.

La legge sull'aborto in Italia può essere abrogata?

Sappiamo che in Italia l'interruzione della gravidanza è regolata dalla Legge 194 del 1978 in base alle quale ogni donna può abortire entro i primi 90 giorni (12 settimane) di gestazione per:
• motivi di salute
• economici
• sociali e famigliari, che quindi dipendano in massima parte dalla volontà della donna.

Esistono, per questo scopo, due tecniche abortive:

1. metodo farmacologico, grazie all'immissione in commercio della pillola RU486 ed è una procedura medica che può avvenire fino a 63 giorni pari a 9 settimane compiute in età gestazionale e presso strutture ambulatoriali pubbliche, collegate all'ospedale autorizzate dalle Regioni, nonché consultori oppure day hospital;

2. metodo chirurgico, effettuato in anestesia generale o locale presso strutture pubbliche del Servizio Sanitario Nazionale e le strutture private convenzionate e autorizzate dalle Regioni.

Ovviamente, in Italia le cose da un momento all'altro non possono cambiare a seguito di una sentenza e questo perchè il nostro sistema di diritto è diverso da quello americano.
L'abrogazione di una legge è un processo lungo che, in ogni caso, prevede il coinvolgimento del Parlamento,  avvenire anche tramite referendum abrogativo, come previsto dall'art. 75 della Costituzione, che stabilisce che 5 Consigli regionali o una raccolta di firme popolare possano proporre l'abrogazione totale o parziale di una legge o di un atto avente forza di legge.

L'Italia, tuttavia, non può essere considerata molto meglio dell'America sotto altri punti di vista perchè viene stimato che nel nostro Paese il 65% dei medici sia obiettore di coscienza.
In questa situazione spesso abortire significa trovarsi davanti a medici o a strutture che respingono o cercano di dissuadere le donne che vogliono vedersi garantito un proprio diritto scegliendo la via dell'aborto, mettendole così in una situazione di grave pressione psicologica.

Purtroppo quello che è accaduto in America è una triste pagina, se da un lato sono stati fatti passi in avanti, dall'altro si è assistito ad un graduale ritorno al passato e questo lascia sgomenti.

Per approfondire leggi anche:

Sospensione della pillola e gravidanza indesiderata: quali tutele per l'uomo?

Sfilare il preservativo senza consenso: la rilevanza penale dello stealthing

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